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Giorgia Soleri e l’endometriosi: dalla lotta per la diagnosi all’operazione

Giorgia Soleri e l’endometriosi: dalla lotta per la diagnosi all’operazione

Lunedì 28 marzo si è celebrata la Giornata Mondiale dell’endometriosi, istituita nel 2014 per dare rilevanza a una malattia diffusa ma poco conosciuta. In effetti di questa patologia se ne parla seriamente da pochi anni e il merito è di tutte quelle donne che hanno deciso di raccontarla in prima persona. Tra loro anche Giorgia Soleri, modella e attivista 26enne. 

Giorgia Soleri: in prima persona per legittimare il dolore di molte

Giorgia Soleri è probabilmente la donna che più si è esposta in Italia per quanto riguarda la divulgazione delle informazioni intorno a 2 malattie da troppo tempo ignorate: la vulvodinia e l’endometriosi. Forte del suo seguitissimo profilo Instagram, la modella e influencer ha raccontato in prima persona la propria storia, nella speranza di aiutare le generazioni di donne presenti e future.

Proprio in occasione della Giornata Mondiale dell’endometriosi, Soleri ha pubblicato un post su Instagram accompagnato da una lunga riflessione su quello che è stato il suo percorso. “Da qualche parte ho letto che se ascolti davvero una persona, l’endometriosi non è mai stata realmente così silenziosa. E silenziosa, nel mio caso, non è stata mai”, esordisce. “Urlava come avrei voluto urlare io dopo le decine e decine di visite fatte snocciolando i miei sintomi uno dopo l’altro per sentirmi dire, in continuazione, che ero in perfetta salute.”

Soleri ricorda poi tutte quelle volte in cui si è sentita dire che era: “Esagerata, drammatica, ipocondriaca, con la soglia del dolore bassa.” Sì, perché l’endometriosi è una malattia difficile da diagnosticare e spesso la sua scoperta dipende dalla sensibilità del medico nel dare il giusto peso ai segnali e ai sintomi raccontati dalle pazienti.

Che cos’è l’endometriosi

L’endometriosi è una malattia molto diffusa, anche se poco conosciuta. È una patologia cronica e progressiva che colpisce le donne in età fertile. Si manifesta con la proliferazione di tessuto endometriale (che normalmente dovrebbe trovarsi solo nella cavità uterina) in altre parti del corpo. Solitamente si sviluppa nella zona pelvica e si espande agli organi più prossimi, più raramente si diffonde anche al fegato e ai polmoni. 

Si stima che nel mondo ne soffrano circa 190 milioni di donne, di cui 3 milioni solo in Italia. Malgrado questi numeri, l’endometriosi è entrata nel dibattito pubblico e politico solo pochi anni fa. Prima di allora, l’idea che per alcune donne le mestruazioni potessero essere estremamente dolorose era un semplice dato di fatto, una condizione a cui si sarebbero dovute abituare. 

Oggi finalmente sappiamo che fitte e dolori forti non sono normali, non dobbiamo sopportarli in silenzio e potrebbero essere il sintomo di una patologia. Oggi in Italia è annoverata tra le malattie invalidanti di rilevanza sociale poiché, nelle sue forme più gravi, limita o addirittura impedisce l’attività lavorativa delle donne che ne sono affette. Inoltre il nostro Paese vanta il primo centro specializzato in Europa ma, nonostante ciò, ancora molte donne soffrono di questo male senza riuscire a ricevere una diagnosi. In motivo è che il sistema sanitario nazionale è ancora impreparato rispetto al tema. I sintomi sono comuni a molte altre malattie e possono volerci anche 6-8 anni per una diagnosi se non si ricorre a costose visite private. 

Giorgia Soleri: dalla diagnosi all’operazione

In occasione della Giornata Mondiale dell’endometriosi, Giorgia Soleri ha deciso ancora una volta di esporsi per non spegnere i riflettori su questa grave malattia. Le ci sono voluti 11 anni prima di ottenere, il 21 marzo 2021, una diagnosi. Il 20 agosto dello stesso anno ha subito un intervento. Nel suo caso, fortunatamente, ha ampiamente diminuito la sintomatologia dolorosa legata all’endometriosi. 

Mostrando le foto delle sue cicatrici, ha ricordato ai suoi follower e all’Italia intera quanta strada ci sia ancora da fare. “Non possiamo cambiare il passato.” E conclude: “Ma forse possiamo provare a costruire un futuro diverso per chi, ancora oggi, si danna in un dolore senza nome e senza legittimazione.”